L’occhio è stato da sempre al centro della cultura umana. trasformato in simboli, al centro di riti, protagonista di metafore.
Sacri, misteriosi, distruttivi, malinconici, assenti …gli occhi hanno da sempre affascinato gli artisti di tutte le epoche.
Dal simbolismo divino dell’occhio di Horus degli antichi egizi, all’intensità degli occhi dalle sopracciglia arcuate dei romani, dalla purezza degli sguardi che ci osservano dagli affreschi di Pompei ai grandi occhi ieratici bizantini, l’Arte ci ha spesso parlato attraverso questa parte del viso.
Oltre all’aspetto del sacro, veniva conferito all’occhio anche un potere distruttivo e misterioso (la testa di Medusa di Caravaggio). Nel corso dei secoli, poi la rappresentazione degli occhi ha subito varie trasformazioni fino ad arrivare a diventare anche pozzi al buio, emblema di incomunicabilità.
In tempi più recenti sono stati addirittura estrapolati dal contesto del volto con risultati surreali ed inquietanti in Magritte e più ancora in Salvatore Dalì, per cui diventa una vera e propria ossessione.
Nell’era digitale L’OCCHIO diventa la sineddoche perfetta (una parte per il tutto) del nostro corpo.
Presi dai nostri dispositivi tecnologici quotidianamente concentriamo la nostra attenzione principale sull’occhio e ill dito che digita sulla tastiera. Pensiamoci durante l’epidemia di Covid dietro le nostre mascherine protettive, comunicare solo con gli occhi e soprattutto sui nostri dispositivi digitali.
Ho immaginato quindi di ritrovare tra le” macerie” un occhio feticcio dall’aspetto arcaico trasformato in un cimitero di antenne .Un immagine inquietante che ci induce una riflessione ,ma mantiene comunque una sua fascinazione.