questo progetto espositivo convergono diverse serie di opere dell’artista che riflettono una ricerca interiore volta a conoscere sé stessa e a riconoscersi nella propria individualità.
Figlia unica cresciuta in un contesto tradizionale tra il Sud Italia e l’America Latina, emanciparsi è stato per lei un processo complesso e faticoso, influenzato da coordinate famigliari profondamente segnate dal patriarcato, eredità sia della cultura materna che di quella paterna. È da questo perimetro che nasce la necessità assertiva di affermare e di raccontare attraverso l’opera d’arte la propria femminilità, libera e affrancata da ‘gabbie’ sociali e tradizionali che ne impediscano o ne limitino l’autenticità. Così, in un gioco di echi e di rimandi, l’esplorazione della dimensione personale e intima diventa riflessione universale sulla condizione femminile che a sua volta trova un riscatto collettivo e transgenerazionale laddove prende forma la possibilità di essere e di esprimersi del singolo individuo. Un percorso interiore complesso e segnato da una continua rielaborazione dell’esperienza vissuta, non come negazione del passato, ma come ricerca di un equilibrio tra opposti.
Nelle opere in mostra emerge una tensione costante tra materiali contrastanti e una narrazione che intreccia il tempo ciclico e direzionale, tra la custodia della memoria e il superamento dei suoi limiti. L’uso del ricamo richiama il ricordo infantile di una libertà femminile vissuta dalle donne allorché insieme ne condividevano il tempo ad esso dedicato fuori dal controllo e dallo sguardo maschile. Gesti, dunque, che da semplice attività manuale, si trasformavano in spazio di espressione e autodeterminazione. Oggi, questa tecnica diventa strumento di affermazione e ribellione: ricamare simboli di emancipazione, come una vulva o un utero, non solo rafforza il valore assertivo dell’opera, ma spezza definitivamente il legame con una libertà concessa e regolata dall’esterno